Secondo Daniel Barenboim (2006): “è impossibile realmente e profondamente parlare della musica, possiamo parlare solo della nostra reazione a questa”. Barenboim parla della difficoltà di tradurre in parole un’ esperienza comunicata attraverso il canale non verbale, anche se questa ha un impatto profondo e totale sull’ essere umano. Insieme allo scrittore palestinese Edward Said fonda nel 1999 la West Eastern Divan Orchestra composta da giovani israeliani, palestinesi e provenienti da altri paesi arabi, che si esibiscono costantemente in tutto il mondo, dando forma alla convinzione che suonare musica insieme può aiutare a tendere l’ orecchio verso un altro punto di vista in questo caso persino quello del “nemico” . Lo scopo dell’ orchestra è proprio quello di favorire il dialogo fra giovani musicisti provenienti da paesi e culture storicamente nemiche.
I conflitti non dividono solo paesi e persone, ma anche le nostre parti psicologiche interne, impedendoci di vivere una vita in pace con noi stessi e gli altri.
La musica ha la capacità di connetterci a un momento , un ricordo o una sensazione significativi di cui abbiamo fatto esperienza nel passato. Può trasportarci in altri mondi, farci evadere da noi stessi, animarci, lenire le nostre ferite. Costruire ponti attraverso i quali giungere alla nostra vera essenza .
Attraverso il suono e la voce è possibile penetrare nel profondo, fino alle parti più nascoste e inconsce di noi, in un regno dove non esistono parole. La musica è un linguaggio universale perché supera le barriere culturali, sociali ed emozionali, costruendo un ponte tra diverse esperienze di vita dandogli una forma e una trama da condividere. In particolare in una relazione musicoterapica , il linguaggio dei suoni può negoziare i confini creati dai nostri meccanismi di difesa, costruiti inconsciamente per proteggerci da ferite o sofferenze ulteriori a quelle passate.